Che fare? Come combattere contro i giganti tecnologici
Il capitalismo delle piattaforme è contro la democrazia. La realtà è davanti a noi, possiamo ancora cambiarla?
Che fare? La domanda di Lenin di inizio ‘900 appare a un osservatore postumo quasi retorica. Nella testa e negli scritti del rivoluzionario russo c’era una strategia tesa a ribaltare i rapporti di forza e prendere il palazzo d’inverno.
Al contrario noi - sudditi digitali degli anni ‘20 del nuovo millennio - non abbiamo né strategia, né rapporti di forza e neppure un palazzo da prendere.
Siamo qui, attoniti e un po' storditi dalla rapidità con cui lo scenario globale sembra peggiorare ogni giorno. Ciascuno dallo schermo del proprio smartphone, scorrendo il suo feed personalizzato ha visto Elon Musk nell’atto di tendere il braccio destro alla folla urlante, durante un mediocre comizio dal podio con lo stemma “President of the United States”. Una delle tantissime esperienze individuali che ciascuno di noi vive simultaneamente a milioni di persone nel mondo ogni giorno.
Siamo soli e sorpresi dalla sfacciataggine di un potere così lontano e inafferrabile che non si nasconde: commentiamo indignati le foto degli oligarchi tech che si accalcano in prima fila a Capitol Hill (una fila avanti a chi comporrà formalmente il governo Trump e molte file avanti rispetto a Giorgia Meloni), e ostentano non solo le loro ricchezze immense, ma soprattutto il loro potere che appare enorme, anche quando sono raccolti alla corte del nuovo presidente.
Perché gli oligarchi sono lì in prima fila? Come scrivono in questo articolo spagnolo Ekaitz Cancela y Anita Fuentes l’obiettivo dei CEO delle Big Tech è anzitutto “indebolire la regolamentazione antitrust, rafforzare i loro conglomerati aziendali attraverso fusioni e acquisizioni, bloccare qualsiasi tassazione delle loro attività, continuare la mercificazione della vita pubblica e trasformare l'esperienza individuale in una merce che può essere estratta, lavorata e venduta. […] Ma l’avvicinamento dell’élite tecnologica all’amministrazione neoliberale e autoritaria del trumpismo non è solo una coincidenza pragmatica dettata da interessi economici.” Bisogna invece leggerla anzitutto all’interno di “una riorganizzazione dell’egemonia nella politica estera degli Stati Uniti, in risposta a quella che viene definita la Guerra Fredda 2.0 contro la Cina.”
In questo quadro internazionale emerge con sempre più chiarezza un differente modo di esprimersi del capitale, sempre più aggressivo, sempre più sfacciato, sempre più violento nella propria egemonia.
Ma gli oligarchi sono lì anzitutto perché quello è il loro posto. Il comportamento sul quadro internazionale di Musk & Co. non è una variabile impazzita, ma un elemento strutturale dell’attuale sistema economico e di potere. Peter Thiel founder di Paypal, definito da suoi amici un “Nazi-curious” sostiene da tempo l’incompatibilità tra democrazia e libertà. Come giustamente ha detto Pedro Sanchez a Davos “ostacola la libertà di chi? Dei super miliardari.”
L’oligarchia non è una novità, ma non è mai stata così in forma.
Ciò che minaccia la democrazia è il potere delle elite, di coloro che pensano che essendo ricchi pensano di essere sopra la legge e di poter fare tutto. È il motivo per cui i miliardari della tecnologia vogliono rovesciare la democrazia. Questa è la terribile minaccia che dobbiamo fronteggiare, la tecnologia che doveva liberarci è diventata lo strumento della nostra stessa oppressione, i social media che dovevano unirci, chiarezza e democrazia, hanno portato divisione, bugie e un’azienda reazionaria.
Pedro Sanchez - Primo Ministro spagnolo intervenendo a Davos
La brutta notizia è che lo stato di salute di oligarchi e capitalismo è inversamente proporzionale alla situazione del pianeta e di chi lo abita.
La buona notizia è che, dopo anni di storielle sulla Silicon Valley di sinistra, sembra emergere una nuova consapevolezza su quanto i signori delle piattaforme siano nemici e le loro piattaforme parte del problema e non della soluzione.
Non possiamo limitarci a trascorrere ore delle nostre giornate sulle piattaforme proprietà degli oligarchi tech commentando quanto gli oligarchi tech e i governi che sostengono rendano la situazione disastrosa. Serve reagire.
Allo stesso tempo, specialmente in assenza di strutture organizzate collettive in grado di comunicare a decine di milioni di persone non possiamo certo abbandonare i luoghi di discussione e intrattenimento su cui ogni giorno da centinaia e centinaia di milioni di persone formano le proprie opinioni.
È una trappola senza uscita?
Premesso che di certo non troverò in questa newsletter la soluzione a un problema così complesso proviamo a mettere in ordine le idee.
Otto 😡 e cinque 🤗
😡 Le big tech sono troppo grandi e hanno un impatto troppo grande sulla società per essere proprietà privata. Viviamo in un mondo in cui troppi dati e troppi capitali sono concentrati nelle mani di pochissime persone, all’interno di piattaforme tese esclusivamente al profitto, con governance e algoritmi non trasparenti.
😡 Internet era anche una grande infrastruttura fisica. Le big tech appropriandosi di cavi transoceanici, server sempre più potenti, capacità tecnologica e semiconduttori hanno cannibalizzato quel che rimaneva di una grande rete distribuita. Musk con la sua rete satellitare punta al controllo di ogni comunicazione globale di miliardi di cittadini e di interi stati.
😡 Gli spazi di libertà della rete degli albori sono man mano stati trasformati in totale deregolamentazione funzionale alla nascita degli oligopoli tech. La via statunitense post elettorale rafforza ulteriormente questa strada per la gioia di Tim Cook, Sundar Pichai, Jeff Bezos, Marck Zuckerberg e ovviamente Musk. L’Unione Europea subirà una pressione sempre più forte perché segua quel modello.
😡 Le piattaforme non sono disegnate e progettate per favorire la qualità del dibattito pubblico e delle relazioni umane, ma per manipolarle a fini pubblicitari, di profitto e di conseguenza anche politici.
😡 Il balzo in avanti delle intelligenze artificiali è un fattore di accelerazione pericoloso e destabilizzante per la società. Un cambiamento rapido e profondo, in un tempo breve e senza alcuna governance globale se non quella della competizione capitalistica tra oligopoli.
→ 🤗 Abbiamo bisogno di infrastrutture di comunicazione e piattaforme pubbliche, libere e distribuite, sottoposte a governance globale e non piegate al profitto, ma all’interesse comune.
→ 🤗 Internet, l’A.I. generativa, le piattaforme che mettono in relazione persone, gli strumenti di informazione e disseminazione di contenuti sono a tutti gli effetti mezzi di produzione. Chi detiene tali mezzi ha un potere proporzionale all’impatto che queste tecnologie hanno sulla società. L’orizzonte politico alternativo all’avanzata delle estreme destre e dell’attuale forma del capitalismo non può che tenere conto dell’esigenza di riappropriarsi di tali mezzi.
😡 Gli oligarchi hanno una ricchezza spropositata. Questa data visualization della ricchezza di Musk è semplice e chiara e rende l’idea di quanto inaccettabile sia quella ricchezza.
😡 L’intreccio tra i padroni delle tecnologie contemporanee e l’estrema destra, suprematista, machista, omolesbobitransfobica, guerrafondaia è un abbraccio apparendemente indissolubile e in questo quadro pienamente strutturale e esprime un rapporto di forza schiacciante.
→ 🤗 I supermiliardari, persone che possiedono centinaia di miliardi di dollari, cifre che vanno oltre la loro stessa capacità di quantificazione, sono strutturalmente un pericolo per la società: non andrebbero solo tassati. Semplicemente non dovrebbero esistere. Andrebbe loro espropriato il 95% della loro ricchezza. Anche così facendo a Musk resterebbero 22,35 miliardi di dollari potrebbe tranquillamente arrivare alla pensione in serenità.
😡 Il mondo è in fiamme: la crisi climatica ci porta verso il collasso del pianeta e mette a rischio esseri umani e specie animali. Il cessate il fuoco è labile, l’apartheid del popolo palestinese prosegue, le guerre imperversano. Razzismo, odio e discriminazioni sono sdoganate nel linguaggio verbale e fisico. Il mondo è allo sbando.
→ 🤗 Le lotte per una società più giusta non possono che essere intersezionali. Ma in questa visione dell’agenda politica di chi lotta dalla “nostra parte” il tema dell’infrastruttura digitale, delle piattaforme, dei dati e della comunicazione globale non è mai stato preso seriamente in considerazione (se non da pochissimi, tra cui il compianto Rodotà). In questi giorni, complice la spudoratezza di Musk prima, di Zuckerberg & Co. dopo inizia a svegliarsi una coscienza sul tema, ma c’è molto da fare perché diventi una delle priorità di lotta.
→ 🤗 La lotta per liberare le nostre infrastrutture di comunicazione non è una tra le tante, ma è funzionale al raggiungimento degli altri obiettivi di trasformazione della società.
Non solo piattaforme…
Nella partita comunicativa globale i grandi capitali non si limitano a controllare le grandi piattaforme e strumenti di comunicazione globali, ma mettono in campo risorse, competenze e testa su piccole e grandi operazioni di propaganda.
Solo guardando alle notizie di questa settimana abbiamo almeno due vicende da segnalare:
Welcome to Favelas, Musk edition
Il fondatore di Welcome to Favelas, Massimiliano Zossolo, ha annunciato con un post sui suoi canali:
Nei giorni scorsi, alcuni rappresentanti europei di Elon Musk hanno avuto un incontro con gli amministratori di realtà social legate al mondo dell'informazione indipendente, tra cui, per l’Italia, Welcome to Favelas.
Al momento, le parti hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni ufficiali, ma l’incontro è stato giudicato dai partecipanti come necessario e molto stimolante. #youarethemedianow
Ho letto e riletto queste poche righe, rimanendo allibito (nonostante tutto continuo a stupirmi). Non sappiamo ad oggi altro e ovviamente non ci sono conferme lato Musk, ma la notizia sembra verosimile e soprattutto coerente con il modus operandi dell’uomo più ricco e forse pericoloso del mondo. Musk ha quindi dato mandato ai suoi di supportare attivamente degli account social di pseudo informazione?
Se dovessimo prendere WtF a ipotetico modello delle altre pagine europee selezionate possiamo tracciare un identikit di account ex gentisti, che di fatto promuovono un frame comunicativo sovrapponibile a quello su cui si fonda una parte rilevante dello sfondamento dell’estrema destra mondiale.
Welcome to favelas diffonde al suo milione di follower (cui si aggiungono spesso le views sui molti giornali mainstream che ne riprendono i reel con tanto di watermark) contenuti tesi ad alimentare percezione di insicurezza, odio nei confronti di persone straniere, sfiducia nelle istituzioni pubbliche e nella democrazia: il terreno ideale per l’affermazione di forze politiche di estrema destra.
I podcaster che trainano Trump
Il 22 gennaio Bloomberg ha pubblicato uno studio molto ben curato su un fenomeno emerso con chiarezza già durante la campagna elettorale statunitense.
Lo studio ha analizzato nel dettaglio i contenuti di nove podcast / vodcast tra il 1° novembre 2022 e il 21 novembre 2024, coprendo l’intero ciclo pre-elettorale e post-elettorale delle elezioni presidenziali statunitensi del 2024.
Si tratta di podcast, diversi tra loro ma che in comune hanno alcuni elementi palesi:
sono condotti da uomini,
sono ascoltati prevalentemente da giovani maschi (80%),
hanno milioni di ascoltatori,
hanno man mano ampliato il numero di contenuti politici,
hanno ospitato Trump prima del voto dandogli una platea complessiva di 113,6 milioni di ascolti.
Man mano che si avvicinava la scadenza elettorale si è alzato sensibilmente il livello di politicizzazione anche di podcast solitamente lontani da questi temi e che ovviamente hanno scelto di farlo calvalcando i temi tipici della destra conservatrice. L’occupazione del discorso pubblico passa anche da operazioni di questo tipo.
Tattiche e strategie: un doppio movimento
Restare sulle piattaforme…
I rapporti di forza sono sfavorevoli, siamo deboli e ininfluenti. Leggo sempre più di frequente annunci di giornali e organizzazioni che stimo e in cui mi riconosco che annunciano l’abbandono di X e mi chiedo “che senso ha?”
Se il tema è l’opposizione ai tech bro che sostengono Trump, perché lasciare X e non Meta?
Se il nostro obiettivo è un consenso largo e maggioritario perché rinunciamo a parlare a qualche milione di persone che potremmo intercettare nello spazio - sempre più inquinato - di X?
Non riesco a concordare con la strategia rassicurante e autoassolutoria dell’abbandono delle piattaforme nemiche per ritrovarci su qualche istanza di Mastodon a darci ragione tra simili, mentre il mondo corre verso il baratro e il consenso per l’estrema destra cresce.
Non si possono abbandonare le piattaforme a maggior ragione perché queste sono un vettore decisivo nella crescita dell’estrema destra anche in Europa come dimostra l’uso di TikTok dei nazisti di AFD in Germania.
Restare sulle piattaforme, comunicando bene…
Non possiamo ritirarci sull’Aventino abbandonando le piattaforme (lo scrivevo anche qui), quindi che si fa?
Di certo il punto non è semplicemente “restarci”, ma come usare questi strumenti in modo efficace.
Owen Jones ha recentemente scritto che “la sinistra ha bisogno di una strategia su TikTok” raccontando con preoccupazione il modo con cui Farage e i suoi in UK stiano cavalcando al meglio la piattaforma. Il tema che pone il giornalista e attivista britannico è più che rilevante e sono ancora più preoccupato e pessimista di lui, anche perché spesso le sinistre non hanno ancora capito come stare su Facebook, figuriamoci su una piattaforma ben più moderna e contemporanea.
Per riuscire a impattare davvero sull’agenda setting e sulla pubblica opinione è fondamentale che le organizzazioni politiche, sociali e sindacali capiscano che è necessario fare un profondo cambio di mentalità, politica e organizzativa. Faccio una prima lista della spesa. Sono appunti, se ti va, integra e proponi nei commenti:
Essere coerenti, nei comportamenti privati e nelle battaglie pubbliche, essere intransigenti senza essere “maestrini di stocaxxo
Investire sulla riconoscibilità pubblica di figure credibili a ogni livello
Lavorare con costanza a un ecosistema di creators portatori di un frame alternativo ed efficace
Disegnare e promuovere un’agenda chiara, comprensibile, radicale che interessi la maggioranza della popolazione, a chi non vive di rendite e privilegi.
Fare proprie poche istanze bandiera che contribuiscano a definire un orizzonte di senso e una identità simbolica chiara
Non avere paura di scegliere dei nemici e di essere divisivi. Polarizzare non è una parolaccia: anni di retorica progressista contro l’immaginaria categoria dei populisti ha convinto tante persone della nostra parte
TM,
che bisogna abbassare i toni, unire e pacificare il paese. Non è vero. (Su questo ritornerò).Abbandonare il dilettantismo, l’improvvisazione.
Investire economicamente e soprattutto in termini di cultura organizzativa in strumenti e progetti di comunicazione di alto livello e soprattutto impattanti
Produrre contenuti audiovisivi, podcast, vodcast e content efficaci, capillari nella loro disseminazione, rivolti a molteplici target demografici e politico-culturali
Saper cavalcare le logiche deleterie delle piattaforme, semplificando contenuti e messaggi, ma al contempo strutturare la comunicazione su più livelli, non abbandonando approfondimento, riflessione, dialogo.
Lavorare sull’acquisizione di dati e contatti che consentano in prospettiva di dipendere il meno possibile dalle logiche di distribuzione algoritmica. Le newsletter in parte rispondono a questa tipologia di obiettivi.
Restare sulle piattaforme, comunicando bene, ma nel frattempo…
A fianco a questo nuovo impegno per contendere lo spazio social è necessario un altro movimento e campo di azione: promuovere a livello globale, cominciando da casa nostra, una battaglia contro gli oligopoli dei miliardari delle big tech, una battaglia per una rete distribuita, per social network federati con portabilità dei dati degli utenti e soprattutto per una regolamentazione politica che vada espressamente contro gli interessi dei tech bro, smantellando le grandi corporation e il loro business model basato sull’estrazione dei dati e sulla messa in vendita del nostro tempo.
Organizzazione nella società
In un mondo iperconnesso in cui le persone trascorrono ore della propria giornata davanti a uno schermo, sommersi di notifiche, stimoli, notizie, immagini e ovviamente pubblicità non c’è differenza alcuna tra un mondo offline e un mondo online. Anche per questo è impensabile affrontare il tema dell’organizzazione e del radicamento digitale di battaglie, campagne, movimenti e organizzazioni scollegato dall’impegno sempre più necessario nelle strade, nei quartieri, nei luoghi di lavoro e formazione.
L’attivismo individuale performativo è parte del problema e non della soluzione. Serve agire collettivamente.
Come umanità stiamo correndo un rischio enorme di destabilizzazione e crisi, l’unico modo per uscirne, al netto delle tattiche comunicative e tecnologiche, è ridefinire una strategia e una prassi politica. Non possiamo non lottare, insieme.
Da leggere e ascoltare
Di piattaforme e capitalismo parla Pablo Iglesias nel suo podcast La Base: qui puntata in spagnolo
Sempre dalla Spagna, ma in inglese, il discorso integrale di Pedro Sanchez a Davos.
*Analisi condivisibile, sono meno d’accordo sulle proposte, specialmente sull’anonimato, ma comunque da ascoltare.
I podcast dell’indagine di Bloomberg: dati sugli ascolti
Joe Rogan, media di 11 milioni di ascolti per episodio.
Andrew Schulz, media di 4 milioni di ascolti per episodio.
Patrick Bet-David, media di 3,5 milioni di ascolti per episodio.
Logan Paul, media di 3 milioni di ascolti per episodio.
Theo Von, media di 2 milioni di ascolti per episodio.
Lex Fridman, media di 1,5 milioni di ascolti per episodio.
Kyle Forgeard, media di 1,2 milioni di ascolti per episodio.
Shawn Ryan, media di 1 milione di ascolti per episodio.
Adin Ross, media di 800.000 ascolti per episodio.
Sono Claudio Riccio, lavoro come creative strategist freelance, insegno Etica della Comunicazione allo IED, vivo a Roma.
Puoi scrivermi una mail a ciao@claudioriccio.me.
Ciao Claudio, a me una cosa che mi viene da proporre è quella di fare degli incontri dal vivo in cui ci mettiamo d’accordo proprio sulla strategia da seguire, su come comunicare, cominciare a creare una rete fisica e non solo digitale tra tutti i content creatori alternativi e decidere insieme i ruoli e la strategia da attuare tutti mossi dal fine ultimo di salvaguardare la nostra democrazia. Io non sono content creator ma nel mio piccolo, in un profilo instagram privato e chiuso cerco di far luce sui meccanismi dei social e di promuovere le idee e i contenuti di alcuni content creator alternativi che seguo e stimo, tra cui anche i tuoi contenuti.
Restare sulle piattaforme che ti obbligano a pagare per sponsorizzare i tuoi contenuti…non mi sembra una idea geniale, perché per promuovere il tuo contenuto devi pagare Meta e non se ne esce più. Ma tu questo lo sai meglio di me. Quindi credo mi manchi un pezzo della tua strategia, oppure non l ho compreso durante la lettura. Puoi aiutarmi a comprendere?
A breve con il mio centro yoga lascerò l’ecosistema Meta e seguirò l’esempio di Lush Cosmetic con l’ashtag #bigtechrebellion. Conosci la loro iniziativa?
Penso che più che altro dovremmo lavorare per far comprendere alla società che non abbiamo bisogno dei social, nè come persone, Nè come aziende, nè come istituzioni.
Grazie per la tua newsletter🙏🏻